Aprile 25, 2024

Anche quest’anno ci prepariamo al Triduo Pasquale, periodo centrale del Cristianesimo, che la Liturgia ci aiuta a vivere, penetrandone il mistero. Dalle celebrazioni a cui parteciperemo emerge tutta la Sapienza della fede cristiana. È una Liturgia che si articola in tre giorni: il Giovedì Santo, il Venerdì Santo e la Veglia nella Notte Santa. Il tutto costituisce una sola realtà: non si comprende il Giovedì Santo (l’ultima cena di Gesù con i Suoi discepoli e la lavanda dei piedi) senza il Venerdì Santo (la crocifissione e morte di Gesù); e non si comprende il Venerdì Santo senza la Pasqua, senza il passaggio dalla morte alla vita nuova. Non c’è Pasqua senza morte, non c’è morte senza Pasqua, senza Resurrezione. La croce è lo strumento che ci permette di comprendere che Dio non ci preserva dalla prova ma si fa trovare nella difficoltà; Egli non ci esonera dalla sofferenza, ma si rivela nel dolore.  Dal dolore alla luce, dalla morte alla vita, passando attraverso il “silenzio” del Sabato Santo. Il percorso della Pasqua, al contrario del processo umano, è dalla morte alla vita eterna. Nella Notte c’è la Solenne Liturgia, la più importante dell’anno, articolata in quattro parti: liturgia del Fuoco, liturgia della Parola, liturgia Battesimale, liturgia Eucaristica. Seguirà la Domenica di Pasqua, con l’annuncio della gioia della Resurrezione. Il Vangelo di questa Notte di Pasqua (Anno A) è il Vangelo di Matteo (Mt 28, 1-10), in cui si racconta l’esperienza di Maria di Màgdala e dell’altra Maria che vanno al sepolcro e incontrano l’Angelo che annuncia loro che Gesù è risorto e precede i Suoi discepoli in Galilea. Poco dopo, le donne stesse incontrano anche Gesù, che le invita ad annunciare ai Suoi fratelli di andare in Galilea, perché là lo vedranno. L’Angelo, nell’apparire alle donne, esordisce con una rassicurazione: “Voi non abbiate paura!”. Lo stesso farà Gesù, che, apparendo, dice loro: “Non temete!”. Quest’invito a non temere attraversa tutta la Bibbia, perché Dio sa che la paura è un grande ostacolo nel cammino di fede. Dopo il vuoto del sabato (lo shabbat) c’è la novità della vita nuova; cioè, per arrivare alla Resurrezione si passa per la morte, in uno spazio in cui tutto sembra finito, perduto. La Pasqua passa per il silenzio del nulla del sepolcro, che è anche il nulla delle nostre vite, dei nostri limiti, delle nostre insufficienze. Questo nulla, però, dobbiamo aprirlo all’opera di Dio, perché non ci salviamo da soli. Siamo esseri dell’appartenenza, e solo questo legame con il Padre ci garantisce la vita. La pietra rotolata dall’ingresso del sepolcro, su cui l’Angelo si pone a sedere, segna non solo la vittoria sulla morte ma diventa anche una cattedra, un ambone da cui il messaggero di Dio insegna, annuncia. Dio ha trasformato la croce, segno della morte inflitta dall’uomo, nella gioia della Resurrezione, che è opera di Dio. Il mondo di oggi non accetta più l’idea di un Dio che possa sovvertire le leggi della natura e trasformare anche il male in bene, la morte in vita. La fede cristiana ha avuto origine e ha il suo centro nella Pasqua di Cristo, ovvero nel passaggio dalla morte alla vita nuova ed eterna. Questo evento non appartiene solo al passato storico, ma rivive nella nostra vita e le dà senso. Quando siamo diventati cristiani, attraverso i sacramenti del Battesimo e dell’Eucaristia, ciascuno di noi è stato introdotto in questo mistero della morte e resurrezione. Ogni Domenica celebriamo la Pasqua nel sacramento-sacrificio della Messa, ma una volta all’anno facciamo memoria della Passione, Morte e Risurrezione, in questi tre giorni, che chiamiamo, appunto, Triduo Pasquale. È una liturgia profondamente battesimale, tutta protesa a celebrare la vita nuova, che è il culmine di questo processo di redenzione. A questo tempo si arriva dopo l’attraversamento del deserto della Quaresima, perché solo l’esperienza del deserto può aprirci alla gioia della vita nuova. Ciò che rimane di quest’esperienza è il coraggio di andare “oltre”, di concepire, con speranza, l’alba dopo le tenebre. Con la Resurrezione di Gesù è iniziata una nuova realtà, non più basata sulle certezze umane: ora è Cristo Risorto il faro che illumina il nostro cammino. È il momento, dunque, di aprirsi alla Pasqua, all’evento che trasforma la nostra morte, anzitutto interiore, in vita, in vita vera. Oggi qualcuno inizia, addirittura, a parlare di un’immortalità che ci verrà assicurata dall’Intelligenza Artificiale, una sorta di nuovo “dio” costruito dall’uomo. Una vera follia, non solo perché è assolutamente irrealizzabile ma anche perché l’eternità è bella in quanto c’è Dio; senza Dio sarebbe, comunque, un inferno. Non riusciremo mai a costruire la vita eterna con le nostre mani, perché questa nuova vita è un dono ed ha senso solo perché è partecipazione alla vita di un Altro, che è Padre e Autore della vita. L’uomo post-moderno rifiuta una salvezza offerta per amore e pretenderebbe di realizzarne una artificiale, che è solo l’ennesima illusione narcisistica. Questa Pasqua 2023 sia per tutti noi l’occasione di tornare al vero Dio, che si è fatto conoscere in Gesù, l’unico vincitore della morte.

                                                                                                          Diac. Maurizio Scorza