Novembre 9, 2024

Il giorno di Natale, la liturgia ci dona il “prologo” del Vangelo di Giovanni (Gv 1,1-18). “In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio […]”. In questo brano di alta teologia e raffinato pensiero filosofico, ritroviamo concetti semplici che, in modo magistrale, ci conducono a un bivio, a una scelta da compiere fidandoci della luce che sconfigge le tenebre, propria di chi ha vinto la morte con la vita eterna e l’arroganza con l’umiltà della verità. È proprio questo che ci prepara alla storia del Vangelo nel portarci fino a comprendere il significato profondo dell’espressione “il Verbo si fece carne” ovvero Dio si è fatto uomo per noi, per la nostra salvezza e per donarci la vita eterna. A Natale i criteri di possibilità delle nostre azioni divengono più accessibili, proprio attraverso questa lettura, e allora proviamo a commutare “Verbo” in “Carità”. In questo caso la gioia della nascita deve aprirci ad immagini diverse rispetto al presepe tradizionale per avere il coraggio di incontrare personaggi che hanno i volti di chi vive un momento di bisogno. Nella capanna, insieme a Gesù Bambino, trovano posto i bambini costretti nei campi profughi che bevono dove camminano e mangiano il nulla. Nel fiume tra la carta argentata e gli spruzzi finti scende a valle la realtà di un barcone carico di disarmante umanità. Sulle montagne innevate c’è chi fugge verso una nuova identità, lontano da nuovi Erode. Tra i sentieri ecco i nostri amici dei dormitorio in compagnia dei papà o delle mamme, che vivendo l’esperienza della separazione, ora sono nel disagio economico. C’è un posto magico dove le mamme sole e abbandonate possono essere felici con i loro bambini. Ci sono anche i carcerati con i loro dubbi e le giuste pene da espiare. Aiutano i pastori, chi ha perso il lavoro, chi dal lavoro è sfruttato o chi per il lavoro è morto. Come non accarezzarli tutti? In particolare, chi ogni giorno lotta per una bolletta da pagare, una ricetta o un controllo medico da effettuare che per ovvie ragioni può attendere tempi migliori. L’Evangelista Giovanni oggi ci esorta alla fratellanza totale: “non da sangue, né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati”. Il presepe nelle nuove povertà è ricco di storie disegnate con lacrime vere. Attenzione però, tutto questo non deve farci sentire in colpa anzi deve spronarci ad essere artefici e protagonisti del cambiamento. Il Natale che tutti dobbiamo augurarci deve travalicare il personalismo e la famiglia ristretta al “sangue” e squarciare con la preghiera silente i cuori di chi è nel bisogno affinché la sofferenza si tramuti in gioia di cambiamento nel solco del Risorto.

Auguri e benedizioni diacono Vincenzo Salsano