Ottobre 15, 2024

Nella seconda Domenica di Avvento, il profeta Baruc ci invita a spogliarci della veste del lutto e
della tristezza, perché Dio assicura al Suo popolo un destino di gloria, di splendore. Dio ha fatto
uscire il popolo d’Israele dalla schiavitù egiziana e lo ha condotto nel deserto, luogo pedagogico: il
popolo doveva sperimentare il dramma della libertà e imparare a vivere da popolo libero. È lo
stesso Dio che ha liberato il popolo dall’umiliazione della deportazione babilonese. In entrambi i
casi, il ritorno, guidato da Dio, è trionfale, perché Dio ha spianato le montagne e colmato le valli,
livellando il terreno. Questo tema ritorna nel Vangelo, dove Giovanni il Battista viene presentato in
una cornice storica, partendo dal potere imperiale romano; ma Dio non sceglie di rivelarsi nei
centri del potere politico o religioso. Dio preferisce, invece, un uomo povero, che vive isolato nel
deserto. La Parola di Dio non trova accoglienza in quei luoghi centrali dell’umanità. Solo nel
deserto, nel silenzio, si può ascoltare il Signore. Siamo anche noi invitati ad andare nei deserti che
vediamo attorno a noi, e dentro di noi: sono proprio i luoghi da frequentare per incontrare il
Signore. E l’invito è quello di raddrizzare i Suoi sentieri, di non alzare muri contro Dio: si tratta,
quindi, di un’opera che deve fare l’uomo. Il profeta Baruc ci parla di un’opera che ha compiuto
Dio; ora è l’uomo che è chiamato a ristrutturare il suo cuore, rialzandosi dai burroni, dalle cose più
basse in cui è caduto; così come è chiamato a scendere dal monte, dal colle su cui ha preteso di
ergersi, nell’illusione, tutta moderna, dell’autorealizzazione. L’invito di questa II Domenica di
Avvento è, allora, quello di non essere né l’uomo che disprezza se stesso e si arrende, né l’uomo
che esalta se stesso e si rende impermeabile alla Parola di Dio. Raddrizziamo, perciò, quei sentieri
che Dio vuole che noi disegniamo e percorriamo nel nostro cuore. E vedremo la salvezza !


Diac. Maurizio Scorza