Maggio 17, 2024

Commento Giovanni 20,1-9 Pasqua di Risurrezione

Con le celebrazioni del Triduo Pasquale siamo entrati nel cuore di Dio: da Gesù abbiamo ricevuto il dono dell’eucarestia, abbiamo rivissuto la passione di nostro Signore Gesù Cristo e abbiamo toccato con mano il suo immenso amore fino alla morte: è il momento culminate che ci dona la certezza che Lui è in mezzo a noi. Il Vangelo di oggi narra che Maria Maddalena, quando era ancora buio, partì per andare al sepolcro; non c’era nessuno quel mattino, in quel giardino vicino al calvario dove si trovava il sepolcro. Sarà stato anche pericoloso, senz’altro, per tanti motivi, ma era la situazione ideale per una come lei: chiacchierata, disprezzata, additata come indemoniata; eppure così appassionata di Gesù e della sua “parola” di salvezza da non abbandonarlo nemmeno sotto la croce. Lei ama e vuole stare da sola con il primo amore, anche se Lui non c’è più, anche se Lui è nella tomba; vuole stare da sola con Lui per potergli parlare ancora – questo succede spesso anche nei nostri cimiteri – evitando di essere presa per pazza da chi non capisce e vede solamente una donna parlare con una tomba; ma non è così, non significa parlare con una tomba ma amare oltre la tomba. Arrivata al sepolcro trova una cosa inaspettata, la pietra che sigillava il sepolcro non c’era più. Corse così ad avvisare Pietro e Giovanni e tutti e tre, correndo, ritornarono alla tomba. È molto significativo che, in questo Vangelo, ci sia per tre volte il “verbo correre”; penso che il verbo correre accomuni tutti noi. Perché si corre? … Per fretta, per gioco, per arrivare primi, per inseguire un pallone o semplicemente perché non ci piace camminare lentamente? Come possiamo notare sono molte le riposte. E noi corriamo? Corriamo almeno con il cuore all’incontro con il vivente? E dove corriamo? Corriamo incontro a Lui che ci libera? La Pasqua ci chiama a correre e a metterci in movimento, a svegliarci, a non stare seduti nelle nostre comodità, nell’aspettare che siano gli altri a fare il primo passo, ad amare per primi. Noi siamo amici di Cristo, non possiamo dormire, stare fermi, tenere gli occhi chiusi davanti a situazioni che si presentano nella nostra vita e ci chiamano a “donare”. È la nostra fede che si deve risvegliare, la nostra certezza è Dio, senza di Lui la nostra vita non ha senso, perché è Lui che ci ha chiamati per primo; tale amore ci è stato dato da Dio nel momento del battesimo. Pieni di questo amore, gratuito, siamo chiamati tutti a ridonarlo a chi ci sta accanto ed è quella fede e quell’amore che noi, ancora una volta, dopo duemila anni ci fa dire: “no alla morte e sì alla vita”, “no al terrorismo e alla violenza e sì alla pace e alla fraternità”, “no al male di vivere e sì alla felicità”, “ no ai muri sì ai ponti”. Gesù con la sua morte e risurrezione ci ha fatto comprendere lo stile di vita di un cristiano: il dono. Se abbiamo capito cosa significa correre e vogliamo essere amici di Gesù andiamo anche noi come Maria Maddalena, Pietro e Giovanni con il cuore in corsa al sepolcro, andiamo per risvegliarci dal nostro “torpore” che ci impedisce di essere come Lui ci vuole. Una volta entrati nel sepolcro, i tre, cosa hanno visto? Hanno notato le bende e il sudario, stoffe che si utilizzavano per fasciare i corpi dei defunti. Tutto qui. Ma questo “tutto qui” è il segreto più grande che rivela il Cristo risorto. La risurrezione è l’evento più importante della fede di ogni cristiano, perché ci fa comprendere che non crediamo in qualcosa di astratto ma in Cristo che sconfigge la morte che nasce dal peccato dell’uomo. Nel Credo noi professiamo: “credo nella risurrezione della carne e la vita del mondo che verrà”, questa professione di fede ci fa capire che vana la nostra fede se Cristo non fosse risorto. Pertanto siamo indegnamente chiamati a risorgere, come Cristo.

Santa Pasqua di Risurrezione a tutti.

Diacono Berardino Morelli